#GOP2016: la partita si fa seria

Chi vi scrive è un accanito ammiratore degli Stati Uniti d’America. Chi mi conosce già lo sa ma ci tengo a dirlo apertamente per tutti coloro che mi faranno l’onore di leggere questo articolo e magari anche gli altri. Quest’anno è poi molto particolare: si vota per rinnovare il Presidente, la Camera dei Rappresentanti e (non meno importante) 1/3 del Senato. E particolarmente elevato è il carico emotivo e politico di questa elezione che capita in un momento cruciale della storia dell’America e del mondo. La sfida delle primarie del Partito Repubblicano entra nel vivo!

Perché queste elezioni sono fondamentali

I candidati del GOP.

Ben 17 candidati. Questo è il record di candidature per una competizione detenuto da quest’anno dal Partito Repubblicano.

I fatti del 2015 ci consegnano un mondo in guerra in varie zone del pianeta e a rischio di guerra in altre. Abbiamo assistito, nel bene o nel male, alla fine dell’isolamento dell’Iran, alla riapertura dei rapporti Cuba-USA, agli attentati in Francia, le molestie (e gli stupri) di massa in Germania, in un quadro economico ancora incerto e che si carica anche del rallentamento della Cina, determinante per le arrancanti economie occidentali.
Ovviamente per il 2016 ci auguriamo tutti un miglioramento, me in primis visto che sono un ottimista per natura. Ma dato che un buon pensatore deve saper mischiare bene sia il sogno che la realtà non posso che dire la mia, “a gamba tesa” su quello che sarà, spero, l’esito di questa annata elettorale Americana. Che piaccia o no infatti (anche agli stessi cittadini Americani) la scelta di un candidato piuttosto che un altro determinerà nel bene e nel male non solo il futuro dell’America, ma probabilmente anche quello dell’Europa che data la sua sempre più profonda e lampante fragilità non può fare a meno della protezione dello zio Sam. E il resto del mondo ne ha ancor più bisogno.

JEB!

JEB!

John Ellis Bush, detto JEB! Figlio di George H W Bush 41° presidente e fratello di George W Bush 43° presidente USA.

Arrivo quindi a questo punto a fare il mio personale endorsment nettamente e convintamente a favore del Partito Repubblicano Americano, noto anche come G.O.P. (Grand Old Party) e del suo candidato, che purtroppo non sarà Jeb Bush. Fratello e figlio di ex Presidenti USA, Bush portava alta la bandiera dei Conservatori moderati Americani in cui normalmente si riconosce il grosso dell’elettorato repubblicano. Nei dibattiti intercorsi negli ultimi mesi, almeno fino al suo ritiro dalla corsa, non si è quasi mai lasciato andare in caciare inutili e in una (purtroppo deficitaria) campagna elettorale dove si è speso molto ha portato un messaggio conservatore moderato e sopratutto l’esperienza da governatore che lo ha portato a lasciare il mandato con una delle percentuali di gradimento più alte di sempre.

La sorpresa Trump

GOP!

L’elefante a stelle e strisce, simbolo del GOP.

Sfortuna vuole che questo giro elettorale sia pesantemente condizionato da un fattore che nessuno si aspettava, non in queste proporzioni almeno. Donald Trump. La scena se l’è presa lui, in un modo che qui in Italia abbiamo visto e continuiamo a vedere con un abbondanza letale per l’intelligenza delle masse. Quest’uomo sa solo parlare per slogan, urla scemenze manco fosse all’isola dei famosi, ha offeso (lui si davvero, non il crocifisso nelle scuole!!!) 1 miliardo e mezzo di musulmani, le donne, i disabili, i giornalisti (rei di fargli domande scomode), le minoranze etniche statunitensi, specie ispanici e di colore… Un autentico mix del peggio di Grillo, Salvini e Berlusconi.
Non oso immaginare una candidatura Trump, tantomeno oso immaginare una Presidenza del Tycoon. In tutta onestà il percorso che ho fatto in questi 2 anni, dall’essere un liberale indipendente con una simpatia per il PD italiano e una breve iscrizione a sostegno di Civati ad un Liberal-Conservatore laico pentito anche solo di aver sperato e gioito nell’elezione e nella riconferma di Obama nel 2008 e nel 2012, speravo mi avrebbe dato una gioia a questo giro di boa. Al momento in cui vi scrivo invece, un ombra lunga con ciuffo e parrucchino si staglia all’orizzonte minacciosa, in primis per il Partito Repubblicano e poi ovviamente per l’America e il mondo.

Marco Rubio e gli altri

Trump.

Donald John Trump. L’incubo del GOP. E forse dell’intera America.

La speranza a questo punto, almeno per quanto mi riguarda, diventa il giovane senatore della Florida Marco Rubio, “figlioccio” politico di Jeb Bush e politicamente in grado di raccogliere consenso sia tra i delusi dal partito, i Tea Party e gli indipendenti, sia tra gli elettori più fedeli e l’establishment del partito. Marco ha una sfida davanti che si sta rivelando molto più dura di quel che si credesse, specie se si pensa che l’uragano Trump ha già fatto fuori Bush, che sembrava il predestinato per le elezioni di Novembre. Rubio ha però una visione, un messaggio chiaro, appare preparato e convinto profondamente delle sue posizioni e risponde colpo su colpo. Eccezion fatta per il penultimo dibattito ha sempre brillato tra i migliori, insieme a Cruz e ad un Kasich in crescita.

Marco Rubio, figlio di immigrati cubani, di umili origini, uno che si è fatto da se e che conduce una campagna ottimistica, positiva, da vero Conservatore.

Sullo sfondo di questa guerra civile interna al GOP rimane importantissima la sfida finale, quella per la casa bianca. Non sto adesso a rielencare tutte le ragioni per cui ritengo fondamentale una vittoria Repubblicana, mi accontento di dire che continuare con la strada intrapresa con Obama non potrà che portare ad un ulteriore forte peggioramento della situazione, già molto destabilizzata e precaria. Per novembre in sostanza vanno bene Rubio, Cruz, Kasich o, se ci dovesse essere una “brokered convention”, anche un outsider come Mitt Romney o Paul Ryan.

Chiunque ma non Trump.

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