Primo mese di Direzione Italia

Il logo di Direzione Italia

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Per il primo mese di vita di Direzione Italia, ho pensato che fosse il caso, anche per i tanti che me lo chiedono di scrivere qualcosa su cosa siamo e perché siamo nati. E voglio farlo senza scrivere un articolo pomposo o celebrativo ma dandovi la prospettiva di chi come me non si sente rappresentato dalla classe politica attuale e vede in questo partito l’unica possibilità di fare qualcosa di concreto.

Italia: situazione attuale

Così non va. Per niente. Mentre il resto del mondo si è rimesso ormai ampiamente in cammino dopo la crisi del 2008, la nostra economia ancora arranca, non cresce (a meno di considerare crescita un misero 0,9), non attrae investimenti esteri, non attrae talenti o aziende se non rare eccezioni. Anzi. Le imprese continuano a fuggire, così come i miei coetanei, gli investitori e purtroppo molti cervelli che in queste condizioni non torneranno mai.

L’Italia aveva già enormi problemi strutturali prima della crisi, mai risolti da nessuno dei precedenti governi, ne di sinistra, ne di destra. Il crollo di quasi 10 anni fa, ha semplicemente dato una mazzata tremenda ad un paziente che però era già agonizzante. Adesso si vedono tutti i limiti di quello che è stato il NON fare degli anni passati. Problemi banali diventati difficili, problemi difficili diventati cronici, problemi cronici diventati insormontabili. E l’attuale quadro politico non promette nulla di buono, anzi.

Da destra a sinistra si assiste alla riproposizione di formule vecchie e superate, magari rimesse in sesto alla bene e meglio per avere una parvenza di presentabilità alle elezioni prossime venture. Ma soprattutto è a livello di programmi che si vede la scarsità di lungimiranza. Tutti ripropongono vecchi o finti nuovi cavalli di battaglia, in qualche caso si rubano le idee a vicenda per cercare di strappare qualche elettore all’altro (ponte sullo stretto di messina, reddito di cittadinanza) ma non c’è niente di strutturale e la credibilità è a livelli molto bassi. Probabilmente sono anche troppo buono nel giudizio.

Davanti, la nebbia

Guardo me e non posso che ritenermi fortunato. Lavoro, tra l’altro vicino casa, faccio il mestiere che mi piace e per cui ho sempre studiato, ho una vita piena e interessante e molti amici. Poi però penso al futuro e mi tocca constatare che aprire un impresa potrebbe essere molto rischioso fra tasse, burocrazia, adempimenti vari, mercato che ristagna. Cambiare azienda è altrettanto difficile (non che lo voglia fare adesso, mi trovo benissimo dove sono, ma nella vita mai dire mai) per mancanza di alternative. La pensione praticamente non la avrò (e chissà se di questo passo ci arrivo). Il costo della vita, paradossalmente (la crisi morde) aumenta. Il quadro dunque non fa ben sperare.

Potrei fare anch’io la scelta che hanno fatto in molti. Prendere i miei ciottoli e andare all’estero, magari negli USA che da sempre ammiro moltissimo. Ma in questo momento, la verità è questa, non lo voglio fare. Come dicevo prima, non posso lamentarmi più di tanto, ma al tempo stesso la preoccupazione per un futuro che non appare chiaro c’è. Dunque che fare? Il dilemma è arduo e non ho la bacchetta magica o la sfera di cristallo. Va spremuto il cervello.

Cambiare le cose: la politica di ieri e cos’è diventata

Se l’Italia di oggi è questo significa che la politica di oggi, di ieri e di l’altro ieri, ha fallito. I due grossi filoni in cui per convenzione la si riassume sono la Prima e la Seconda Repubblica. E se la prima ha creato le premesse per il disastro, la seconda l’ha attuato e le ha dato il colpo di grazia, soprattutto con i governi succedutisi da Monti in poi. Non posso certo fare qui una disamina completa di questi due periodi storici, che richiederebbero da soli interi trattati ma ci sono dei punti fermi sui quali si può impostare un ragionamento.

Non è accettabile, a mio modesto parere, giustificare l’operato della Prima Repubblica sulla base del fatto che le forze politiche che vi hanno partecipato, hanno ricostruito il paese dopo la guerra. Il fascismo fece le bonifiche, istitui l’IRI, promosse la famiglia, ma non per questo lo celebriamo, anzi. E’ necessario vedere il periodo storico 45-92 per quello che è stato a 360 gradi, con tante luci ma anche molte ombre.

La Seconda Repubblica doveva porre rimedio ai guasti della prima e lanciare l’Italia nel 21° secolo. L’ha lanciata si, ma verso l’abisso, dunque missione fallita. La corruzione dilaga come e più di prima, tasse e debito, complessivamente non sono scesi, anzi, tutt’altro. E il trend non lascia supporre niente di buono. La qualità generale delle forze politiche attuali è più bassa della Prima. A leader come Almirante, Moro, Berlinguer, De Gasperi, Einaudi, Saragat, Nenni, Pertini e altri non corrisponde niente che ne sia all’altezza. Forse quelli della Seconda, hanno saputo eguagliare l’impatto mediatico, i bagni di folla, il peso politico, ma non la qualità della persone e l’efficacia della loro azione.

La politica di oggi

Le forze politiche attuali, in conseguenza dei primi due punti, sono quindi inconcludenti e inefficaci, incapaci quindi di produrre autentiche riforme e andare a toccare i problemi nel profondo, con tutte le azioni che si rendono necessarie. A riprova di questo, il fatto che in quasi tutti i casi si tratta di cartelli elettorali o poco più o al massimo di movimenti che fanno del clamore immediato e della visibilità sui temi scottanti la loro linfa vitale. In pratica si vive alla giornata, quindi una prospettiva è assente. Particolare nota di demerito va al Partito Democratico che sembra di fatto un “riassunto” di quello che una volta veniva chiamato “Pentapartito”, con la differenza che nel riassunto ci sono molti più difetti che pregi.

I 4 filoni politici attuali

Riassumendo in breve, si possono distinguere 4 categorie di forze politiche attuali:

  1. La sinistra tradizionale, che riunisce partiti come Sinistra Italiana, Possibile, Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani, Verdi, gli ex Dem dei Democratici e Progressisti, Pisapia, il vecchio PSI e altri.
  2. Un centro post e allo stesso tempo neo Democristiano in cui si possono annoverare Partito Democratico, Nuovo Centrodestra, UDC, Forza Italia e il mondo delle sigle parlamentari nate per ottenere qualcosa in cambio del loro voto (ALA, Movimento IDEA, ecc…).
  3. Una Destra Sovranista, espressione che ricalca bene la linea politica tenuta dai partiti che la compongono, ovvero Lega Nord, Fratelli D’Italia, Azione Nazionale, La Destra.
  4. Il Movimento 5 stelle, che sarebbe assimilabile ad una Sinistra convenzionale per molti aspetti ma che riesce ad attrarre per via delle sue caratteristiche anche una certa fetta di elettorato di destra.

E tutti e 4 sono inadeguati

A Sinistra, con sfumature diverse si tratta dell’approccio ai problemi che è appunto tradizionale al mondo della Sinistra in generale. La colpa dei problemi della società è del mercato, del capitalismo, della ricchezza nelle mani di pochi, quindi bisogna combatterla e contrastare tutto ciò. Ma anche se non se ne sono accorti, in Italia, viste le condizioni in cui siamo, è di fatto già così.

Tra le forze centriste Forza Italia merita un demerito particolare perché riesce ad incarnare in un colpo solo l’utilità del partito padronale e le movenze tipiche della vecchia DC. I cambi di direzione degli ultimi anni e l’incoerenza dimostrata sono allucinanti, un De Mita qualunque non avrebbe potuto fare di peggio.

Se è vero che la “Destra” post fascista, oggi sovranista, ha governato solo per pochi dei 70 anni della Repubblica è altrettanto vero che non si segnalano provvedimenti o riforme degne di nota. Dunque il consenso che oggi sembra essere in possesso di queste forze (un 20% complessivo secondo i sondaggi) è più frutto del bisogno degli Italiani di esprimere la propria rabbia e insoddisfazione verso un sistema ormai inefficace e distruttivo, per molti versi, della vita di ognuno di noi.

Ma la rabbia della gente ha trovato una nuova valvola di sfogo nel Movimento 5 Stelle che non ha bisogno di presentazioni. Se la politica attuale risulta mediocre e di pessima qualità, M5S riesce addirittura a fare di peggio, ed ecco che i Romani, che da qualche mese si sorbiscono l’amministrazione Raggi, finiscono col rimpiangere un presuntuoso e arrogante Marino (!!!), un fatto che da solo descrive tutta l’inadeguatezza della banda di Grillo.

I punti chiave: terrorismo e immigrazione

Se si vuole davvero cambiare (o almeno provarci) bisogna partire dal presupposto che alcune, se non parecchie di quelle che ritenevamo certezze, vanno riviste.

Il terrorismo ha radici profonde ed è causato da fenomeni geopolitici e culturali. Non sociali ed economici (molti di loro sono di buona famiglia e ben integrati nel mondo occidentale) anche se questi ultimi possono certamente influire ed aggravare la situazione. Piaccia o no, il nostro paese è un ventre molle su cui gli assassini dell’ISIS e di Al Qaeda si basano per i loro loschi traffici. Ciò non può continuare, la lotta dev’essere aperta e senza quartiere, anche perché molti Italiani sono già caduti e la loro memoria non è onorata a sufficienza.

L’immigrazione incontrollata è inevitabilmente molto pericolosa e fa da porta di ingresso per i malintenzionati che intendano operare o organizzarsi qua da noi. E’ un fatto che va riconosciuto, non farlo può portare solo guai. Dopodiché c’è da discutere sulle soluzioni ma sicuramente ognuna di esse non può non ricondursi al rispetto, inevitabile, della legge. Si sta stabilisce chi entra, da dove, in quale numero e se e quanto può restare. Chi non rispetta la legge è per definizione un clandestino e di conseguenza non può restare in nessun caso.

I punti chiave: l’Unione Europea, la Burocrazia e la Corruzione

La colpa più grande dell’Unione è probabilmente il suo risultato più grande, l’Euro. Una moneta che si è rivelata del tutto inadeguata, non solo all’economia Italiana ma anche a quella di altri paesi membri. La Grecia su tutti ma anche Portogallo, Spagna e Irlanda. Oltre a questo, tonnellate di regolamenti, spesso inutili e lunghissimi. Se si vuole salvare l’Euro ed evitare che l’UE si disgreghi bisogna farle fare un salto evolutivo verso un assetto federale. Simile a quello USA ma con gli accorgimenti necessari a garantire la dovuta autonomia agli stati membri.

L’Unione si è poi aggiunta come sovra-strato normativo ad una burocrazia già asfissiante. Ci serve una PA leggera ed efficiente, che costi poco e sia trasparente. La filastrocca non è voluta, l’affermazione è difficilmente confutabile. Una burocrazia pachidermica e antiquata come la nostra genera inevitabilmente un’enorme pressione fiscale e una corruzione dilagante. E’ infatti nelle pieghe dello stato si annida l’insidia e più è pesante il fardello delle leggi peggio è. Oltretutto, il fenomeno ha dimostrato di essere cumulativo. Più cresce la burocrazia, più cresce la corruzione e più si fanno leggi e regolamenti per tentare di bloccarne la crescita. E il ciclo vizioso riparte da capo.

Corruzione. E’ un emergenza Nazionale. Siamo andati avanti a commissari straordinari e non, specie negli ultimi anni ma il fenomeno non accenna a diminuire. Se è colpa della burocrazia da un lato è anche vero che la società si è imbarbarita. Una volta era onorevole e sacro rispettare le leggi. Oggi se “non fai il furbo” in certi ambienti e spesso anche tra i giovani sei considerato un cretino. Per cambiare bisogna tornare alle basi, al sacro valore dell’educazione civica, al rispetto per gli altri e per le regole, anche se a volte sono difficili da rispettarle.

Le Tasse

Tasse. La spesa pubblica è al 55% del PIL. Il total Tax rate sulle imprese è al 65% circa e in qualche caso arriva anche al 75%. E infatti il paese non è competitivo, le aziende scappano, la gente resta senza lavoro, il PIL non cresce, i giovani vanno via, gli imprenditori a volte si suicidano, gli ex dipendenti pure. La via maestra a questo punto non può essere che un abbattimento della pressione fiscale, conseguente ad un abbattimento della burocrazia e quindi della riduzione delle dimensioni dello stato. L’alternativa, cioè tagliare le tasse a debito, non è praticabile perché siamo già ad una soglia molto alta e pericolosa, merito in particolare degli ultimi 4 governi e di quelli degli anni ’80.

La via dunque è tracciata e appare chiara, almeno al sottoscritto. Una riduzione dello stato prima di tutto ai suoi compiti essenziali, ovvero difesa (interna ed esterna), amministrazione della giustizia e in seconda battuta al ruolo di controllore e arbitro dei servizi pubblici prodotti dai privati e acquistati dallo sempre stato per tutti i cittadini. Un’autentica rivoluzione, un inversione totale di tendenza rispetto ad oggi e al passato. Una rivoluzione che si definisce quindi Liberale, perché mira a lasciare la massima libertà possibile al cittadino e a limitare lo stato dove è realmente necessario e opportuno che intervenga.

Come realizzare la “rivoluzione”

Senza coraggio non è possibile affrontare un cambiamento come quello che è necessario. Si tratta di rimettere in discussione tutta l’architettura dello stato, così come è oggi, per scovarne tutte le imperfezioni e i difetti e al termine di questa attività applicare soluzioni anche radicali.

Non si tratta certo di un impresa che può essere fatta da chiunque: in particolare, non può certamente essere fatta da chi nel sistema attuale ci ha vissuto e sguazzato fino ad oggi. Senza cadere nel Grillismo, si può affermare che chi del vecchio sistema ha l’intenzione di partecipare ad una fase nuova deve necessariamente rompere in maniera chiara con quanto è stato fatto (male) o non fatto fino ad oggi. Deve trattarsi di persone oneste e per bene che non significa dei santi immacolati ma che siano persone normali e rispettabili: pretendere la perfezione come fanno i 5 stelle è utopia e infatti loro stessi sono i primi a cadere in contraddizione.

La linea, in contrapposizione ad uno statalismo diffuso, sia pure con sfumature diverse da destra a sinistra, non può che essere quella di un liberalismo totale, seguendo l’esempio di Ronald Reagan e Margaret Thatcher, adattando questi 2 splendidi modelli riusciti alla realtà Italiana. Senza queste 2 condizioni, liberalismo e determinazione, non sarà possibile attuare nessun cambiamento reale e sostanziale in questo paese.

Conclusioni

Le conseguenze del non agire in questo senso potrebbero essere incalcolabili perché il costo del non fare è sempre superiore a quello del fare. Già quest’anno è probabile che saremo sballottati sui mercati per via delle elezioni in Olanda, Francia e Germania, senza contare le clausole di salvaguardia lasciate da Renzi, le quote di Debito Pubblico da rinnovare, la competitività di molti paesi che continua a crescere e ci lascia indietro.

Ho spesso parlato con entusiasmo della mia partecipazione al progetto di Direzione Italia, ma ho scritto questo articolo con un umore un po diverso dal solito, forse meno ottimista e più preoccupato per ciò che succede intorno a me. Questo per la cecità della classe dirigente attuale che sembra interessata ad altro e molto poco al futuro di gente come me.

Se si vuole fare bene è necessario che in tanti, anche di partiti vicini al nostro, facciano di più e meglio, abbiano il coraggio di mettere in gioco se stessi e le forze politiche che guidano, proprio come hanno fatto i parlamentari di Direzione Italia. E per carità divina, evitino di ricadere tra le braccia di chi negli ultimi 25 anni non ha sostanzialmente combinato nulla. Perché il tempo è scaduto e si rischia un collasso da cui forse non potremo riprenderci, se non con decenni di sofferenze.

In bocca al lupo a tutti noi.

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