Perché voterò NO

Si dibatte ormai da settimane sul prossimo imminente referendum costituzionale e ho scelto da tempo di votare NO al taglio dei parlamentari. O meglio, no a questo taglio, fatto in questo modo. Esistono validissimi esperti che possono spiegare meglio di me le ragioni per cui votare no, in particolare segnalo il piccolo saggio del professor Alessandro Giovannini che potete recuperare qui. Scopo di questo articolo è semmai darvi un punto di vista più personale sul perché, da ammiratore del modello istituzionale USA (in cui i congressman e le congresswoman sono 538 in totale), sono contrario a ridurne il numero.

Un fac-simile della scheda che troveremo alle urne.

1 – La Costituzione si cambia insieme

Ho cominciato a fare politica 4 anni fa ma ho memoria dei fatti che la caratterizzano da molto più tempo e vedo ripetersi sempre lo stesso errore. Anche stavolta, l’ennesima, la costituzione è stata cambiata a colpi di maggioranza. Esattamente come 4 anni fa e le volte precedenti. E poco vale la replica che quasi tutto il parlamento abbia votato a favore all’ultima votazione. Il tema è stato estremamente inflazionato negli ultimi anni. Vuoi per la rabbia e la frustrazione degli italiani nei confronti di una classe politica inconcludente e percepita come fannullona e corrotta, vuoi per la necessità nota da ormai 30 anni di aggiornare seriamente le nostre istituzioni. Il tema è talmente sensibile e foriero di rovesci nel consenso che di fatto molte forze si sono ritrovate a sostenere il SI a denti stretti.

Questo ha causato molti mal di pancia, al punto che nonostante la riforma sia stata approvata con i 2/3 del parlamento, un gruppo di Deputati e Senatori ha raccolto le firme per indire il referendum. Questo è il motivo per cui voteremo domenica. Molti di questi sono in dissenso con le linee di partito stabilite e sono infatti per un convinto NO e questo conferma che in realtà non c’è affatto consenso unanime sulla riforma. Prima di questa, l’esperienza del 2016, per non parlare di quelle prima, dovrebbe insegnare che non è cosa saggia riformare la costituzione in maniera forzata. Anche perché anche quando l’impresa riesce non è detto che non ci siano effetti collaterali di cui rendere conto e l’esperienza del Titolo V ne fornisce un valido esempio.

2 – L’approccio alle riforme deve essere complessivo

Le forze politiche devono smettere di considerare la Costituzione come riformabile secondo la propria esclusiva visione. Ma altrettanto importante è che finalmente si torni ad una valutazione complessiva delle riforme da fare, seguendo un filo logico e perseguendo un risultato efficiente ed efficace. Come ho detto altre volte, abbiamo bisogno di un sistema di governo che funzioni e che sia efficiente e per raggiungere questo obbiettivo ci possono essere varie strade. Ma il tentativo di riformare la costituzione finisce col produrre un obbrobrio se non si capisce che anche i dettagli possono fare la differenza. Di conseguenza non si può stabilire arbitrariamente che i Deputati possano essere 400 e i Senatori 200, come se fossero numeri magici. Quel numero deve corrispondere ad un criterio di rappresentanza perché lo scopo del parlamento è questo. E i criteri su come riformare il testo vanno stabiliti prima della scrittura della riforma stessa.

Diversi costituzionalisti in passato, tra cui anche il professor Celotto, hanno sostenuto la necessità di un gruppo ristretto e compatto per stabilire i criteri di riforma e la scrittura della riforma stessa. Un esempio potrebbe essere un team di 20 Costituzionalisti, rappresentativi delle forze principali del paese. Un team che lavori per un periodo di tempo prestabilito e arrivi ad un consenso unanime sulle riforme. Questo perché se oggi abbiamo la forma di governo fallace che conosciamo, lo dobbiamo al fatto che l’attuale testo costituzionale è stato frutto più di un compresso politico che di una volontà di dare istituzioni efficaci al paese. E oggi ne paghiamo lo scotto. Ecco perché la riforma deve essere prima di tutto scritta da chi è del mestiere, magari si, seguendo anche indicazioni di partito, ma comunque non vincolanti.

3 – Parlare di costi è surreale!

L’importante è quindi un risultato che ci faccia fare un salto di qualità vero e che possa essere accettato da tutti perché frutto di un lavoro comune. Questo è il punto, fare le cose per bene! E questo significa anche che i costi del sistema democratico passano in secondo piano rispetto all’efficienza e all’efficacia del sistema stesso. Oltretutto che in Italia abbiamo una spesa pubblica mastodontica che nel 2019 ha raggiunto la mastodontica cifra di 870 miliardi su un PIL di 1775 circa a valori reali. Si tratta quindi del 49% del PIL. E in questo totale la percentuale di risparmio che avremmo con il taglio proposto è davvero minima, appena un caffè all’anno. All’Anno!!!

C’è un ipocrisia di fondo dietro questa argomentazione perché chi ha fatto della riduzione dei parlamentari una bandiera, ovvero il Movimento 5 Stelle, non ha affatto un approccio di “taglio” e limitazione del potere, come poteva sembrare a prima vista anni fa. Il Movimento infatti è per dosi massicce di spesa e intervento pubblico. Un pubblico, ovvero lo stato, che nella loro visione allarga moltissimo i cordoni della borsa. Da un lato quindi ci viene proposta una riduzione di spesa irrisoria a fronte di un taglio di rappresentatività, dall’altro la direzione del movimento è quella di incrementare spesa e deficit. Il risultato è che inevitabilmente si riduce il controllo su questa spesa, rendendo più opaco per il cittadino il funzionamento dello stato. Diventa inoltre più difficile per il parlamentare esercitare le sue funzioni poiché tutti i meccanismi dei regolamenti rimangono intatti, a partire dalle commissioni permanenti.

4 – Il Parlamento deve rappresentare tutto il paese!

E proprio la rappresentatività è la vera nota dolente di questa riforma. Se ne riduce il numero ma non si cambia niente di tutto il resto. Se venisse in seguito approvata la riforma elettorale proporzionale che PD e Movimento hanno proposto, c’è il serio rischio che intere aree del paese non abbiano rappresentanza in nessuna delle due camere. Questo perché la riforma non prevede ovviamente collegi e preferenze. I nomi sarebbero scelti dalle segreterie che con meno persone da tenere d’occhio avrebbero di nuovo un potere enorme. Torneremmo in pratica ai tempi della prima repubblica. Il combinato disposto di riforma e nuova legge elettorale sarebbe quindi la bomba che spazzerebbe via 30 anni di maggioritario. Un maggioritario che le persone, col referendum del 93, avevano scelto senza indugi.

Paragoni impropri

Parliamo poi dei raffronti sbagliati che la propaganda del SI avanza imperterrita. L’esempio che più mi da ai nervi è proprio il confronto con il sistema Americano. Un sistema che personalmente adoro per l’efficienza e l’efficacia che possiede rispetto al nostro. In questo sistema si eleggono 435 deputati per la Camera dei Rappresentanti e 100 Senatori. Un totale di 535 quindi ma con differenze fondamentali rispetto alla riforma Grillina (la possiamo chiamare così).

  1. I Deputati sono eletti in collegi statali uninominali, quindi a maggioranza, il cui numero varia da stato a stato in base alla popolazione. Il Wyoming elegge un solo deputato, lo stato della California 53.
  2. I Senatori sono eletti in numero di 2 unità per ogni stato, indipendentemente dalla popolazione. Il Collegio in questo caso è l’intero stato e l’elezione è anch’essa maggioritaria.
  3. La differenza tra Camera e Senato è evidente ed è voluta per permettere la miglior rappresentanza possibile di tutte le istanze Federali. Le camere sono composte diversamente perché si occupano di questioni differenti e si intersecano solo su certe materie. Ad esempio il Senato ratifica gli accordi internazionali, cosa che la Camera non fa.
  4. Come specificato, il Congresso si occupa della Federazione. Oltre a quest’organo ogni stato ha il suo parlamento, spesso composto da una Camera e un Senato statale. Se si sommano anche i deputati e i senatori dei singoli stati si arriva ad una rappresentanza di oltre 5000 membri. Un numero che sommando i nostri deputati e senatori ai Consiglieri Regionali non si raggiunge neanche lontanamente.

senza capo ne coda

Dunque abbiamo visto che in termini di rappresentanza questa riforma è un totale buco nell’acqua. Oltretutto la storia ci insegna che all’inizio della nostra repubblica il numero di Deputati e Senatori era più basso e fu portato ai livelli attuali nel 63 proprio con lo scopo di dare adeguata rappresentanza con la legge elettorale dell’epoca che era appunto proporzionale. Assistiamo quindi ad un corto circuito pazzesco nel quale chi promuove il referendum di fatto propone lo status fallace che i padri costituenti (non gatto Silvestro!) corressero ormai quasi 60 anni fa! Roba da mani nei capelli…

Conclusioni

Abbiamo quindi visto che questa riforma altro non è che una bandiera che il Movimento 5 Stelle intende piantare per una mera questione di consenso. In altre parole, questa riforma è il frutto dei tempi che viviamo, tempi in cui la rabbia e la frustrazione delle persone si sfogano anche in questo modo. Questo approccio però è fortemente limitato e porta solo a fare ancora più danni di quanti non se ne vogliano riparare. Dovremo svegliarci prima o poi da questa condizione e renderci conto che la politica deve essere fatta all’insegna della competenza e che ai nostri politici dobbiamo chiedere bravura e capacità, non di essere di meno solo perché di stanno antipatici.

L’Italia ha bisogno di fare riforme che si ispirino a modelli già operativi e funzionanti altrove, per quanto mi riguarda modello USA su tutti! Non abbiamo bisogno di reinventare la ruota o di toglierne una al nostro carro perché ritenuta superflua. Ci serve gente capace con la mente aperta, in grado di leggere la realtà e la storia per quella che è. Con questa riforma allontaniamo ancor di più quest’obbiettivo e non facciamo altro che rendere ancor più precaria una condizione ormai super critica, specie con la crisi gigantesca del Covid.

Non sono 345 parlamentari in meno la soluzione ai nostri problemi. La soluzione è tornare a chiedere competenza e votare per persone in grado di portarla nelle istituzioni. E di persone capaci abbiamo e avremo un disperato bisogno!

Votiamo NO e facciamo vincere l’intelligenza anziché la superficialità!

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