Essere Europeisti. O no?

Essere Europeisti, di questi tempi, è una gran bella sfida, specie per i liberali che non si adattano ne al pensiero unico mainstream ne alle sirene del mondo Sovranista. La crisi legata al Corona Virus ha imposto ai vari capi di stato e di governo la necessità di spremere dalle istituzioni comunitarie il massimo. Questo per affrontare la più grande emergenza che l’Europa e il mondo abbiano mai visto dalla fine della seconda guerra mondiale. In confronto, l’11 settembre e la crisi dei mutui sub-prime impallidiscono, specie di fronte alle proiezioni sull’economia che stanno circolando in questi giorni. Dunque come giudicare l’Unione alla luce delle azioni compiute e più in generale delle decisioni prese fino ad ora? E di conseguenza, ha senso essere Europeisti oggi? E in che modo?

La bandiera dell'Unione e in teoria degli Europeisti. Ad oggi rischia di apparire sempre più priva di significato. Ahimé.
La bandiera dell’Unione e in teoria degli Europeisti. Ad oggi rischia di apparire sempre più priva di significato. Ahimé.

Questo, ovviamente, tenendo ben sullo sfondo il pensiero sia dei Sovranisti sia degli Europeisti di professione. Ma mentre i Sovranisti sono molto in minoranza nel mondo dell’informazione e della cultura, gli Eurofanatici dal 1992 in poi, hanno cominciato ad insediarsi nelle redazione dei giornali, dei TG, delle radio e dai primi anni 2000 anche in quelle dei siti di punta e delle testate online. Sono diventati una casta, una élite che pretende di essere considerata dotta e illuminata e che giudica guardando dall’alto verso il basso tutti gli altri. In preda a volte a deliri psichedelici da fare invidia anche al più fatto tra i fatti, sparano previsioni, sentenze, analisi. Ma la realtà si giudica in base ai fatti, fatti che puntualmente gli danno torto.

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Perché scelgo Forza Italia

Ieri mi sono ufficialmente iscritto a Forza Italia. E non posso cominciare a spiegarvi perché senza citare quella che è stata la mia prima vera, intensa e autentica esperienza politica, Direzione Italia. Un partito in cui mi sentivo davvero a casa e che per quanto piccolo aveva un enorme potenziale. Non sono qui per tediarvi con la nostalgia ma per dirvi dunque come mai da oggi apro un nuovo capitolo della mia vita, scegliendo un partito che nel 2016 avevo scartato e giudicato, forse, troppo in fretta. E naturalmente perché faccio questa scelta proprio adesso.

Una foto che ho scattato all’Assemblea Nazionale di Roma il 30 marzo scorso.

La fine di Direzione Italia ha lasciato il campo liberista di destra (nel senso Anglosassone del termine) completamente sguarnito e non rappresentato. Forza Italia infatti, soprattutto negli ultimi anni, non ha rappresentato questa corrente di pensiero che oggi esiste e che è largamente maggioritaria in Italia e in Europa ma si è concentrata abbastanza passivamente sul continuare a rappresentare il PPE in Italia. Lo stesso PPE che è stato architrave a Strasburgo della commistione di burocrazia e interessi nordeuropei che hanno reso l’Unione il fallimento che è oggi.

Ciò ha portato gravi conseguenze alla credibilità del partito e ai consensi nelle urne e oggi vive il punto più basso della sua storia. Ma non è detto che tutto il male venga per nuocere e forse, come dice un saggio proverbio, la notte è più buia subito prima dell’alba.

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Israele, l’ultimo stato Europeo

Come ultima lettura dell’estate conclusa appena 2 mesi fa non poteva mancare anche un libro con argomentazione internazionale. Non che uno sul tema del riciclaggio dei rifiuti non sia da meno ma il tema del conflitto permanente tra Israeliani e Palestinesi è certamente una di quelle questioni che sulla scena internazionale appaiono più spesso. Negli anni sono passato da una posizione di sostanziale neutralità ad una di netto supporto ad Israele. Questo mio passaggio è dovuto a più fattori: il mio credo profondo nella superiorità morale del mondo libero, nell’approfondimento del funzionamento dell’economia, nell’apprendimento della conoscenza sui temi di politica internazionale, la storia.

Israele, l'ultimo stato Europeo.
La copertina del libro. [1]

Quando ho cominciato a leggere questo libro non nego che il mio pensiero su Israele fosse già abbastanza solido. Sono convinto ormai da anni che i Palestinesi, non tutti ma molti di loro si, non desiderino in realtà una pace vera e duratura. Sono stati portati a credere che siano vittime del sopruso sionista. Una congiura internazionale ordita ai loro danni dagli ebrei (tutti) e dal mondo occidentale Europeo e Americano. Il risultato di questa sciagurata credenza è che i Palestinesi, quelli ormai irrecuperabili, vivono nel culto della morte. Non hanno altro obbiettivo al di fuori della distruzione di Israele. E questa è la ragione per la quale molti di loro uccidono, violentano, feriscono, sparano. Ma la colpa di tutto questo è, alla fine, dell’estremismo Islamico.

Il libro

Giulio Meotti compie un viaggio nello stato ebraico attraverso i territori e soprattutto le persone che ci abitano. E molto spesso si tratta di gente comune che affronta ogni giorni situazioni di pericolosità che in nessun paese Europeo sarebbero tollerate. Molti devono uscire di casa al mattino senza neanche la certezza che la sera torneranno a casa vivi. Molti genitori mandano i propri figli a scuola in questa condizione. E’ allucinante, spaventoso, ma al tempo stesso incredibile. Un popolo cosciente che la morte è letteralmente in agguato e che risponde con fermezza, determinazione e precisione. Gli Israeliani amano la vita e si sentono comunità nazionale come pochissimi altri paesi al mondo. Poche le realtà occidentali paragonabili. Forse gli Stati Uniti possono essere considerati simili in questo ma sono pochissimi gli altri esempi.

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